Biga di Monteleone, presentato in prima Nazionale a Roma il documentario di Dario Prosperini sul probabile trafugamento
“La vicenda della Biga di Monteleone di Spoleto probabilmente trafugata illegalmente dall’Italia è coperta dal segreto istruttorio non ci resta che attendere”. Con queste parole interviene a Roma la sindaca di Monteleone di Spoleto Marisa Angelini, durante l’anteprima mondiale del documentario “L’anello di Grace” del regista e giornalista Dario Prosperini, nella sala delle conferenze del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia (ETRU). “Ci auguriamo che la vicenda si chiuda velocemente, – continua Angelini – sperando che il futuro Ministro della Cultura sia sensibile all’argomento. Guglielmo Berattino, storico e scrittore di Ivrea, che ha ritrovato le lettere che dimostrano il trafugamento della Biga, deve ancora essere sentito dagli inquirenti. Sicuramente inizialmente si proverà a intraprendere una via diplomatica, si farà leva sulla questione morale il Metropolitan non potrà far sfoggio di un’opera così importante sapendo che è stata trafugata. Ne va della credibilità del Museo stesso”.
Intanto, guardando al futuro, è chiaro che la Biga non avrebbe senso esporla a Monteleone di Spoleto ma starebbe benissimo tra le mura del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia. Chissa!…Il documentario di Prosperini ha sicuramente il merito di mantenere alta l’attenzione sulla vicenda: “questo lavoro ha lo scopo di mostrare come andarono realmente i fatti – afferma il regista -. Senza giudizio. Si trattò senza ombra di dubbio di trafugamento, sia per la legge Pacca che per quella del 1902. E le lettere ritrovate da Berattino mostrano che ne erano a conoscenza gli stessi trafficanti d’arte. Come è possibile che lo sapessero loro e noi dopo 120 anni non riusciamo a dirci che fu trafugamento? Quello che conta non è tanto se la Biga risieda a New York o a Tokyo, quello che conta è che venga scritta la verità“.
“L’anello di Grace” ricostruisce con testimonianze inedite e di prima mano le vicende di un trafugamento senza precedenti nella storia del nostro paese: quello della Biga Etrusca di Monteleone di Spoleto, considerata una delle opere più importanti del Metropolitan Museum of Art di New York.
In occasione dei 120 anni dal ritrovamento, il regista e giornalista Dario Prosperini ha ripercorso le tappe di una delle vicende più drammatiche e discusse della storia della tutela archeologica nel nostro paese, ricca di misteri, omissioni e colpi di scena.
Documenti rimasti a lungo inediti rivelano per la prima volta la catena di connivenze anche illustri e insospettabili che, dopo una trattativa durata mesi, consentirono l’esportazione illecita negli Stati Uniti di uno dei monumenti dell’arte etrusca, prodotto a Vulci nel VI secolo a.C.
È così emerso un nuovo quadro indiziario che ha convinto il comune di Monteleone a tentare di riaprire la procedura giudiziaria internazionale per ottenerne la restituzione.
Tra i protagonisti delle vicende narrate nel documentario figurano Guglielmo Berattino, storico e scrittore di Ivrea, incappato in un segreto inconfessabile nascosto in un vecchio faldone, e Grace Filder, un’affascinante e avventurosa contessa inglese il cui anello dai poteri magici ci ha condotto laddove la vita e la morte continuano a parlarsi, rivelando forse un’ulteriore e del tutto inaspettata pagina della storia millenaria del “capitano” che portò con sé nella sua ultima dimora, nascosta tra le cime più selvagge dell’Umbria, lo splendido carro etrusco.
Al confine tra un noir e una spy story, la vicenda costituisce uno degli episodi più emblematici delle gravissime ferite inferte al patrimonio culturale italiano, ancor più significativa se si considera che la scoperta ebbe luogo a pochi mesi dall’approvazione della prima legge di tutela del nostro paese, fortemente caldeggiata dal fondatore del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, Felice Barnabei, uno dei pochi che all’epoca si impegnò attivamente per la restituzione del carro. Il “Golden Chariot”, com’è soprannominato oltreoceano, è un reperto di valore inestimabile, sia per la conservazione che per la fattura: sui tre pannelli che lo compongono sono raffigurate le gesta dell’eroe omerico Achille. Il carro, decorato a sbalzo con intarsi in avorio, oltre alla qualità artistica, dimostra la capacità degli Etruschi di padroneggiare il linguaggio simbolico, figurativo e tecnico dei Greci.