Carceri umbre, livelli di capienza massima raggiunti

PERUGIA– Gli istituti penitenziari umbri, con un totale di circa 1.400 detenuti, sono arrivati a livelli di capienza massima e in alcuni casi è stata leggermente superata. Gli stessi quindi, al momento, e rispetto alla più pesante situazione nazionale, “soffrono relativamente” e questo “anche per effetto di circostanze legate agli eventi sismici del 2016, per cui l’amministrazione penitenziaria, a suo tempo, ha dato disposizioni di non trasferire detenuti verso gli istituti delle Marche e dell’Umbria”. Lo ha detto, in Terza commissione, il Garante regionale dei detenuti, Stefano Anastasìa.

“Per quanto riguarda il rapporto tra detenuti e personale di polizia penitenziaria – ha aggiunto – il dato nazionale è del 64,2 per cento (ogni 100 detenuti ci sono mediamente 64 unità di polizia), mentre ad Orvieto è 59,6 per cento e a Terni del 54,2. A Spoleto invece la presenza di polizia penitenziaria, anche per la storica conformazione dell’istituto, è del 74,9 per cento”. Invitato a palazzo Cesaroni su indicazione del consigliere Carla Casciari, Anastasìa – riferisce un comunicato della Regione – ha tracciato quindi un quadro generale annunciando, a breve, la consegna della relazione annuale sull’attività svolta. “Dai dati di fine giugno – ha spiegato in particolare il Garante regionale – sono 1.399 i detenuti negli istituti umbri.

Le situazioni più sensibili e difficili si verificano in quelli di Spoleto e Terni dove vengono trasferiti detenuti soprattutto in alta sicurezza dalle regioni meridionali. L’istituto di Orvieto, per le sue particolari caratteristiche di custodia attenuata, risulta non completamente occupato, mentre quello di Perugiacopre esattamente la capienza regolamentare”. “In base alla tendenza nazionale, nei prossimi mesi – ha osservato – la situazione potrebbe aggravarsi anche in Umbria. Le risorse già scarse, sia economiche sia di personale, in considerazione di una maggiore presenza in carcere, diventano ancora più scarse”. Secondo il Garante, la regione “ha sofferto, in modo particolare, le difficoltà della riorganizzazione predisposta dal ministero della Giustizia a livello territoriale, che ha portato alla soppressione del provveditorato dell’Umbria accorpandolo a quello della Toscana”.
Quanto ad “eventi critici all’interno degli istituti, pur essendo reduci da una tragedia accaduta in quello di Spoleto, dove c’è stato il suicidio di un giovane detenuto, la situazione in Umbria non risulta grave come altrove”. Nel 2016 si sono verificati quattro tentativi di suicidio a Spoleto.

Rispondendo ad una domanda del consigliere Casciari, Anastasìa – prosegue il comunicato – ha affermato che “nello scorso anno e a tutt’oggi non è stata programmata attività di formazione professionale all’interno degli istituti. Questo è il risultato di un atto di indirizzo del governo secondo il quale l’attività di formazione professionale intramuraria sarebbe stato parte del ‘Por’ di inclusione gestito dal ministero per il Lavoro e quello della Giustizia. Ma questa attivazione di formazione intramuraria non c’è stata e quindi la Regione Umbria, più attenta e più ligia a seguire le indicazioni, e per non sovrapporre gli interventi di fonte comunitaria, ha indirizzato tutte le sue risorse disponibili del Por al sostegno dei percorsi di alternativa al carcere, all’esterno quindi del sistema penitenziario. Il risultato imbarazzante – ha osservato – deriva dalla relazione del Garante nazionale dello scorso mese di marzo: rispetto ai dati del 2016 sulla formazione professionale, l’unica regione in cui risulta ‘zero’ è l’Umbria perché, evidentemente le altre Regioni hanno ignorato l’indicazione del governo, continuando a svolgere un minimo di attività e sostegno alla formazione intramuraria”. “Sollecitato dai detenuti e dalle dirigenze degli istituti mi sono attivato presso gli uffici che gestiscono il Fondo sociale europeo – ha detto ancora il Garante – che mi hanno assicurato il recupero di risorse da dedicare a questo tipo di formazione con una disponibilità già per il 2018. Sarà comunque necessario, in futuro, riorientare le risorse in questo settore. Grazie comunque alla quota di fondi destinati alla formazione per l’inserimento lavorativo in alternativa al carcere, la componente di persone che lavora all’esterno ha visto un aumento da otto a 21 unità nel corso del 2016”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.