La fusione dei Comuni in Umbria e i vantaggi garantiti: da 92 a 30

PERUGIA – Fondere realtà comunali per ottenere più finanziamenti. Tutto questo è possibile. E la conferma arriva da una ricerca effettuata dal centro studi Sintesi su commissione della Cna Umbria. “Passare a un’economia di scala per migliorare i servizi pubblici oggi è fattibile e la strada da intraprendere va proprio in questa direzione”. Con queste parole il direttore di Cna Umbria Roberto Giannangeli rimarca la necessità di aprire un’opportunità a tutti i comuni umbri per fornire loro gli strumenti volti a recuperare quei trasferimenti agli enti locali che sono stati tagliati negli ultimi anni.

La necessità di realizzare questo studio parte dall’esigenza di trovare nuove risorse finanziarie per far ripartire l’economia locale. E per perseguire questo obiettivo è opportuno in prima battuta ridurre il forte deficit infrastrutturale dell’Umbria. Alberto Cestari del centro studi Sintesi, con i dati alla mano, rimarca che unire i comuni con una dimensione demografica più ampia, significherebbe per l’Umbria aumentare i vantaggi in termini di efficienza, riduzione fiscale e incremento dei finanziamenti statali. Allo stato attuale delle cose si evince che i comuni più piccoli e quelli più grandi hanno dei costi maggiori, mentre i comuni con un numero di abitanti compreso tra 5 e 20 mila unità registrano costi più ridotti. Per titolo di cronaca, va anche  sottolineato che da qualche anno c’è l’obbligo di legge per i piccoli comuni di gestire alcuni servizi quali ad esempio la polizia locale, la raccolta differenziata, la scuola, in modo condiviso con altri comuni geograficamente attigui attraverso delle convenzioni. I vantaggi che derivano da queste fusioni sono molteplici. In prima istanza si vanno ad incrementare gli incentivi che arrivano nelle casse comunali. Sono stati calcolati 86 euro ad abitante per anno. E con la legge di stabilità l’incentivo è passato al 50 per cento dei trasferimenti erariali, per dieci anni, come contributo straordinario.

Inoltre le assunzioni per un supporto tecnico saranno più facilitate con minor vincoli anche per quelle a tempo indeterminato. E onsiderando che in Umbria la metà dei comuni ha meno di 3 mila abitanti anche se il 60 per cento della popolazione vive nelle 10 città più grandi, i vantaggi che ne deriverebbero sarebbero importanti. Va tenuto anche in considerazione che nel periodo compreso tra il 2010 e il 2015 i comuni hanno già ridotto del 5 per cento le spese correnti ma non nei comuni con meno di 3 mila abitanti. Secondo quanto emerso dallo studio, con l’aggregazione dei comuni, l’Umbria può passare da 92 a 30 realtà comunali, coinvolgendo di fatto 86 comuni dato che i 6 più grandi non potrebbero essere interessati. E comunque entro quest’anno già esiste l’obbligo di farli aggregare per una gestione associata delle funzioni fondamentali comportando così un inevitabile aumento degli investimenti. “Va da sé – afferma il sindaco di Todi Carlo Rossini – che prima di creare nuovi comuni occorre formare un territorio nel rispetto dell’identità delle piccole frazioni che lo compongono”.  È chiaro che la fusione tra comuni deve essere vista in questa prospettiva, cercando di superare il campanilismo locale e la divisione tra le forze politiche perché tale aggregazione non avvantaggerebbe che i cittadini, destinatari ultimi dei vantaggi che questa operazione comporterebbe.

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