Medici condannati a risarcire una famiglia per lesioni gravi a un neonato

FOLIGNO – La storia parte da lontano. Era il 5 settembre del 2002 quando una donna, dopo il primo figlio avuto con un parto cesareo, è pronta per un nuovo parto all’ospedale di Foligno. I medici procedono con un parto naturale di prova. Ma qualcosa sembra andare storto. Il piccolo, dopo una prolungata ipossia, subisce gravi malformazioni celebrali a seguito della decisione di praticare il parto cesareo. Ormai il danno è irreparabile. Il neonato nasce quasi morto e solo dopo aver praticato una rianimazione, il bambino si riprende, ma i danni cerebrali permanenti ormai sono irrimediabili provocando crisi convulsive. Secondo la perizia tecnica eseguita d’ufficio durante il giudizio civile, il dramma si sarebbe potuto evitare con un cesareo messo in pratica anche solo 13 minuti prima. La famiglia fa causa all’ospedale e dopo dieci anni, nel 2012 il Tribunale civile sezione distaccata di Foligno, ha condannato l’Usl Umbria 3 a risarcire i genitori del bambino con circa un milione e ottocento mila euro per le gravissime lesioni subite. E nel 2015 la struttura ospedaliera ha liquidato la famiglia. Ma la questione non si è ancora chiusa e a luglio la procura regionale della Corte dei Conti ha chiesto a tre medici di rifondere la Asl. Al ginecologo che ha eseguito il parto cesareo un milione e cento mila euro, e a gli altri due duecentottantaquattromila euro. L’accusa da parte del procuratore Antonio Giuseppone contestata ai medici è di non aver adeguatamente informato la paziente sui rischi che il parto naturale poteva generare, di non aver monitorato attentamente questa delicata situazione, lasciando solo un’ostetrica con la madre del bimbo, di non aver capito il tracciato cardiotocografico, e di non aver anticipato il cesareo per evitare l’ipossia che ha provocato danni permanenti.

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