Morte Conti, la verità nella lettera: “La tragedia di Rigopiano pesa come un macigno”

Si e’ suicidato con un colpo di pistola, il generale dei carabinieri-forestali Guido Conti, andato in pensione per ricoprire un incarico presso la Total della Val d’ Agri in Basilicata. Ne sono convinti gli investigatori dell’ Arma dei carabinieri che hanno raccolto gia’ una serie di indizi che non lascerebbero dubbi.

Il 58enne ex ufficiale della Forestale (passata dopo la riforma ai carabinieri) ha lasciato una lettera alla famiglia, l’altra ad una sorella. Mancherebbe una terza missiva che sarebbe stata spedita non si sa a quale destinatario, poco prima di salire sulla propria auto per dirigersi alle pendici del Monte Morrone (luogo a lui molto caro) per compiere il gesto estremo.L’ uomo ha anche deciso di oscurare il proprio profilo Facebook.

Nella lettera indirizzata alla famiglia, tra le altre cose, parla della tragedia di Rigopiano. «Da quando è accaduta la tragedia di Rigopiano la mia vita è cambiata. Quelle vittime, mi pesano come un macigno. Perché tra i tanti atti ci sono anche prescrizioni a mia firma. Mi sono sempre posto la domanda: potevo fare di più?»

In questa lettera viene citato Rigopiano, quindi, dove morì anche il ternano Alessandro Riccetti. «Ho provato a non pensarci, uno dei motivi che mi ha convinto a lasciare il mio lavoro o a tentare di fare altro o a disinteressarmi di tutto è questo. Ho cercato di non pensarci, di pensare a me, di trovare altri stimoli, avventure, progetti, inutile. Non vivo. Vegeto. Facendo finta d’esser vivo (…). Da quando è accaduta la tragedia di Rigopiano la mia vita è cambiata. Quelle vittime mi pesano come un macigno. Perché tra i tanti atti ci sono anche prescrizioni a mia firma. Non per l’albergo, di cui non so nulla, ma per l’edificazione del centro benessere, dove solo poi appresi non esserci state vittime. Ma ciò non leniva il mio dolore. Pur sapendo e realizzando che il mio scritto era ininfluente ai fini della pratica autorizzativa mi sono sempre posto la domanda: Potevo fare di più? Nel senso: potevo scavare e prestare attenzione in indagini per mettere intoppi o ostacolare in qualche modo quella pratica? Probabilmente no ma avrei potuto forse creare problemi, fastidi. Pur non conoscendo neppure un rischio valanghe, anche perché il cta non ne notiziava neppure l’ufficio di Pescara e ignorando la cosa del tutto, vivo con il cruccio».

A far scattare l’ allarme sono stati i familiari non vedendolo tornare per l’ ora di pranzo. A trovare il cadavere dell’ ex ufficiale della Forestale (molto noto e stimato sia nella Regione Abruzzo che in quella dell’Umbria. Sua l’ inchiesta sui veleni di Bussi) sono stati alcuni agenti, che avevano in passato lavorato con lui a Sulmona.

Il magistrato ha aperto una inchiesta. Lettere, auto e pistola sono stati sequestrati. Affidato infine l’ incarico di eseguire sul cadavere l’ autopsia.

Ecco la lettera che scrisse a Matteo Renzi nel 2016

Sig. Presidente del Consiglio,

NOI siamo il CORPO FORESTALE DELLO STATO,
Mio Padre era un Ispettore Generale del Corpo Forestale dello Stato. Ed ha dedicato 40 anni della propria vita al CFS. Trasmettendo a me nessuna ricchezza. Ma un testimone morale. Fatto di passione, rettitudine, amore per la natura e il Corpo che la difende. All’epoca ha rimboschito, piantato e fatto piantare milioni di alberi. Srotolava tutto contento progetti su progetti di rimboschimenti di montagne brulle e arse in ufficio e a casa sul tavolo in tinello. Resuscitandole a nuova vita. Ricordo l’energia e l’attenzione che poneva nel percorrere, ispezionare, consigliare, dettare, manco fosse roba Sua. Ma poi capii che lo era. Anche Sua. Nostra. Compresi li osservando, il concetto di Bene Comune. E di sacralita’ del lavoro. Migliaia gli operai impiegati nei cantieri a far buche in montagna. A rinverdire sistemare proteggere. Ero ragazzino, e un giorno mentre eravamo nella faggeta di Val Fondillo in Abruzzo mi permisi di chiedergli come mai andava poco… a messa. Avevo 10 anni. Stette un istante, mi guardo’ sorridendo che ancor mi pare di vederlo, poi serio aggiunse: “Io Nostro Signore lo incontro qui. Queste sono colonne, e guardo’ gli alberi, di una cattedrale talmente potente che mai nessun essere umano potra’ edificare.” Si giro’, e proseguì il collaudo di quel bosco. Come se niente fosse. come se fosse normale, parlare cosi’, ad un ragazzino di dieci anni. Io ho continuato, umilmente, a percorrere le Sue orme. In quello stesso bosco ideale. Districandomi pero’ non tra selve, ma tra leggi, indagini, intercettazioni, fascicoli, che parlano di traffici di rifiuti pericolosissimi, di acque avvelenate, di corruzioni e tanta tanta fatica, per il bene di tutti quei bimbi, di quegli uomini e donne, che lottano ogni giorno contro malattie nuove, Oncologiche le chiamano, senza sapere come l’abbian contratte. Noi , Sig, Presidente, io e i miei soliti quattro gatti, crediamo di saperlo, come. Al sentire Ella, giorni fa decretare con animo lieto e, mi consenta, assoluta misconoscenza, lo scioglimento di una istituzione benemerita bisecolare e carica solo di DIGNITA’ , abnegazione ed efficienza, mio Padre è morto due volte. Ed insieme a lui decine di migliaia di uomini che nella nostra Missione, perche’ tale e’ lo spirito che ci anima, hanno creduto e credono. E questo non posso permetterlo. Senza battermi fino in fondo. Perche’ trionfino equilibrio e buon senso. Me lo chiedono la Sua memoria e la dignita’ di uomini e donne che hanno creduto e credono in quello che fanno. A volte fino al sacrificio della propria vita. Che fosse tra le fiamme o in conflitto a fuoco, a soccorrer sepolti tra le macerie o roteando spericolatamente sulle fiamme alte a bordo di mezzi aerei. Rifletta, Sig. Presidente, unitamente magari a qualche Suo cattivo consigliere. Perché tra l’altro Ella sta tagliando l’unica fdp con il bilancio…in pari. Che non costa nulla. E non ha debiti. Al contrario di infinite e voraci partecipate regionali e statali ad esempio, o dei tanti carrozzoni sacche di sperpero e sottopolitica. Noi non si fa questo mestiere… per un piatto di lenticchie. Ne viceversa per trenta denari. Non si fa per speranza di chissa’ qual premio. Ne per timor di punizioni. Si fa per INTIMO convincimento. Le cose buone non si gettano, soprattutto le poche rimaste. Si migliorano, si accudiscono e fortificano. A maggior lustro della Nazione, ed in amore e in difesa delle cose piu’ belle e sacre del Creato. E dei fratelli Italiani.

Io e i miei collaboratori Le auguriamo tutti di cuore buon lavoro. E migliori consigli.

Viva il Corpo Forestale. Viva

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