Terni, i giorni interminabili di Marco Pucci e Daniele Moroni

TERNI – In carcere si sa il tempo non passa mai soprattutto se i protagonisti non sono dei criminali incalliti. Spesso ci si dimentica anche di sapere che giorna sia oltre a dimenticare di guardare l’orologio.

“A che serve il carcere?”, si è chiesto più volte Daniele Moroni, aggiungendo subito dopo: “Parlare di recupero nel mio caso non ha senso. È solo una punizione che mi ruberà tempo”. Lo sfogo dell’ex direttore tecnico dello stabilimento siderurgico di Terni, condannato a sette anni e sei mesi per l’incendio alla Thyssrnkrupp di Torino, è la prova che in carcere si perde ogni riferimento con quel mondo che, fino a pochi giorni fa, rappresentava l’unica realtà conosciuta.

Daniele Moroni sta scrivendo un libro in cui racconta le fasi del processo e le emozioni provate il giorno del suo ingresso nel carcere di Terni. In quell’attimo “il cuore si è fermato. Mi è mancato il respiro proprio mentre mia moglie è scoppiata in un pianto disperato”. Per Moroni, però, la cosa più insopportabile è “l’infamia” oltre a ritenere il carcere incapace di riabilitare qualcuno. Nel suo caso lo considera una punizione terribile per qualcosa che non riesce ancora a comprendere. Presto sarà in libreria il lavoro iniziato prima di entrare in carcere che ripercorre la lunga vicenda giudiziaria. Il libro si chiamerà ” La mia verità”, sarà suddiviso in 16 capitoli per un totale di ottanta pagine. In cella nel carcere di Sabbione si trova in compagnia di Marco Pucci.

Anche Pucci, all’indomani dell’arresto, aveva scritto una lettera al sito “Fino a prova contraria” per spiegare i motivi per cui non è un assassino. Pucci prova a rendersi utile in questi giorni interminabili mettendosi a disposizione degli altri detenuti.

Organizza corsi di formazione mettendo sul tavolo tutte le sue conoscenze e competenze, pur vivendo la detenzione come una vera ingiustizia. Continua a ripetere a chi lo va a trovare di “non aver ucciso nessuno” tanto che nella notte del 6 dicembre 2007 fu il primo a portare le condoglianze ai parenti delle sette vittime. Nello stesso braccio dove sono rinchiusi i due, a poche celle di distanza, ci sono il ragazzo di Città di Castello che ha ucciso la mamma e l’autore del delitto Bellini.

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