Tk Ast, l’azienda riapre la mobilità: “Serve mix di competenze e professionalità”

TERNI – La Direzione aziendale dell’Ast vuole procedere in tempi rapidi all’apertura di una procedura di mobilità finalizzata, secondo l’azienda, a riequilibrare dal punto di vista organizzativo un “giusto mix” di competenze e professionalità. Questo è quanto ribadito dall’azienda nel corso di un incontro con le organizzazioni sindacali, convocato per parlare della questione della sicurezza.

Dai rappresentanti dei lavoratori è stato ribadita la volontà di aprire ad un accordo che preveda: La volontarietà del lavoratore a voler uscire dall’Azienda; La possibilità, per tutti i lavoratori, di poter valutare autonomamente se usufruire di questo strumento; La definizione, per gli interessati, di criteri di equità; L’impegno da parte Aziendale ad intraprendere una azione di turnover finalizzata a garantire i 2400 dipendenti minimi, per AST, come stabilito nell’accordo Ministeriale. I quattro punti sopra detti, in coerenza con quanto fatto in questi anni, rappresentano punti imprescindibili per un possibile accordo che ha come obbiettivo la difesa dell’occupazione, il ricambio generazionale e l’aggiornamento, in positivo, delle professionalità. Al contrario, in assenza di quanto sopra detto, saremmo di fronte ad una ulteriore ristrutturazione aziendale, “mascherata” da belle parole, per noi inaccettabile e sulla quale dichiariamo da subito la nostra contrarietà”.

Scattano anche le reazioni politiche. “L’annuncio  dell’AST di riaprire le procedure di mobilità è sbalorditivo e molto preoccupante e la dice lunga sulla affidabilità della multinazionale. Forse questi signori – dice il consigliere regionale Raffaele Nevi – non si sono resi conto che l’età media dei dipendenti è ormai bassissima ma, soprattutto, questo indica che il progetto della multinazionale – come vado dicendo da tempo – è quello di ridimensionare il sito produttivo ternano per farlo diventare un semplice impianto per la lavorazione a freddo chiudendo l’area a caldo. Ma questo significa eliminare la produzione di acciaio di qualità in Italia e voglio sperare che questo moribondo Governo nazionale e il moribondo Governo regionale lo abbiano finalmente capito e inizino a combattere seriamente per il rispetto degli impegni sottoscritti e disattesi dall’azienda. Finalmente la Marini e Paparelli si sono svegliati dal letargo e hanno chiesto un incontro al Ministero. Ma qui serve un confronto con il Ministro e con i vertici della Multinazionale e non con i vertici aziendali che appaiono sempre più delle comparse di uno spettacolo diretto e condotto a livello globale da una multinazionale che vuole uscire da questo “businnes” dell’acciaio. Serve poi un Governo forte e con la schiena diritta e soprattutto una Regione determinata e unita in tutte le sue componenti politiche e sociali per dire “BASTA” a chi non rispetta i patti, anche sull’ambiente”.

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