DIS…CORSIVO. CHE COSA SONO LE PRIMARIE?

NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / Molte volte si pensa di conoscere così bene una cosa che ti viene un tuffo al cuore se, per un attimo, fermi il mondo intorno a te e ti concentri sul nome di quella cosa. La cosa dilegua, il nome, che sembrava così familiare, t’inquieta, diventa un piccolo incubo che ti porta fuori dalla realtà. Che cosa sono le primarie se il nome che ti fa venire un brivido conoscitivo è proprio quello: le primarie? Cominci a vedere, nella tua mente, un nugolo di persone che si affaccendano intorno a una sezione di partito e aspettano che arrivino le persone che hanno invitato. E intanto dicono fra di loro: “Non avremo fatto presto a chiamarli? Non potevamo aspettare ancora qualche settimana? In fondo, di tempo ce n’è!”.

Ecco, le primarie sono una convocazione per la quale il tempo giusto sembra non venire mai. Il dubbio di essere precipitosi è la costante di un comportamento politico circospetto. La circospezione, però, può essere di natura o si può esercitare per pura convenienza. La cosa più difficile al mondo è rendersi conto di quando si passa dall’una all’altra opzione, saper distinguere il comportamento naturale da quello opportunistico.

Le primarie, dunque, per provare a riassumere, sono una cosa per la quale c’è sempre tempo e fondamentalmente ambigua. Perché, allora, sono tanto al centro dell’attenzione del comportamento politico? Perché l’incertezza che sta alla loro base è autentica e molti credono davvero che le primarie siano una scialuppa nel mare in tempesta, un affidare al conto dei dadi, al numero di una lotteria, quel calcolo sulle persone che altrimenti non si riesce a fare. La cosa per la quale c’è sempre tempo e che è fondamentalmente ambigua, riposa, infine, su un’incertezza tutta umana, così umana che sarebbe un peccato non prestarle ascolto. L’incertezza, ben guidata, porta a uscire dal pelago; trascurata o, peggio, offesa, può trascinare a fondo.

Si tocca qui il lato più enigmatico delle primarie, il ragionamento che può rimettere in discussione ogni certezza acquisita: le primarie sono, di fatto, un sondaggio elettorale commissionato da un gruppo di elettori alle proprie coscienze anziché agli strumenti demoscopici. Dalle primarie deve uscire il nome di un candidato credibile perché il campione degli elettori è stato costruito, in coscienza, tenendo bene conto della rappresentatività di più fazioni all’interno di un partito.

Più oltre, però, le primarie non possono andare. Sono un gioco freddo, tutto basato su numeri e proiezioni, come qualunque buon sondaggio elettorale. Ecco perché il loro tempo deve avvenire il più possibile a ridosso delle elezioni: perché devono sancire la conclusione di un percorso e non devono essere l’inizio di un nuovo discorso, che, magari, rimetta in discussione il castelletto di carte così bene architettato.

Per l’Italia, le primarie sono una specie di festa di Halloween, un prodotto d’importazione che, in poco più di un decennio, quello che sta trascorrendo, è invecchiato tremendamente.

Alcuni partiti, a sinistra, ne hanno fatto una bandiera del rinnovamento; altri, a destra, le hanno confuse con forme plebiscitarie di incoronazione del principe. Con il suo cinismo, la destra ha in qualche modo svelato le intenzioni manovriere che, sotto le primarie, anche la sinistra ha sempre coltivato e manifestato. Il rinnovamento e il cinismo, però, giunti al punto più vivo della reazione chimica fra le rispettive molecole, hanno fatto saltare il laboratorio di chimica ed è dalle primarie così realizzate, in una partita di andata e in una di ritorno, che è di fatto uscito il governo del Paese.

Da tutto ciò si possono trarre alcune conclusioni provvisorie, da intendere come implicite domande più che come perentorie affermazioni.

La prima è che, con qualche probabilità, le primarie hanno azzoppato il voto vero e proprio, contribuendo a minare l’attaccamento nei suoi confronti da parte del popolo di sinistra di destra.

A livello regionale, poi, vengono via via riassorbite perché la loro incidenza sugli equilibri nazionali dei partiti è sempre più blanda, tanto che dal centro si preferisce lasciar fare, di volta in volta, le primarie se proprio non se ne può fare a meno.

Così le primarie, infine, assomigliano sempre più, dentro i grandi partiti, a una sorta di movimento di opinione del tipo di quelli che vivono, fuori dei grandi partiti, nello schieramento di Grillo o nella Lega di Salvini. Mentre, però, in questi movimenti, il loro tempo arriva presto, addirittura via web, nei grandi partiti il tempo delle primarie continua ad essere calcolatamente collocato a ridosso delle elezioni, è ambiguo e problematico come se si trattasse, ogni volta, di decidere dei destini del mondo, non è mai sciolto e disinvolto, preciso ed emozionante come un buon, vecchio sondaggio elettorale. E allora, se un leader non si impone da solo anche andando controcorrente in un grande partito, che cosa sono e a chi servono le primarie?

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