“Il presente e il futuro delle città verso un nuovo umanesimo?”

ROMA – (Alvaro Bucci) – La città è un progetto che nasce dalla volontà di vivere insieme, un progetto radicato nella storia, nella cultura, aperto alla speranza. La città è un coacervo di contraddizioni che non è agevole interpretare. Certamente è fattore di modernità e di sviluppo, ambito di sedimentazione di risorse culturali, sociali, di conoscenza che diventano brodo di coltura dell’innovazione e della sua diffusione. Ma è anche luogo di separatezze, di divisioni, di frammentazioni, talvolta di segregazioni. Ad ogni buon conto sempre più si presenterà come mosaico di popolazioni diverse, ognuna con una propria idea del vivere e del fruire la città.

Con questa immagine della città Lorenzo Caselli, professore emerito dell’Università di Genova, ha introdotto una delle due sessioni dell’intenso programma del XXXV Convegno Bachelet, tenutosi di recente alla Domus Mariae di Roma, sul tema “Il presente e il futuro delle città: verso un nuovo umanesimo?”. Un convegno, in evidente nesso con il prossimo Convegno Ecclesiale di Firenze, che si è articolato in due giorni di riflessioni, attraverso due sessioni: la prima per “Ripensare il modello di sviluppo urbano” e la seconda per studiare “La sfida della ri-generazione di relazioni capaci di produrre valore e legami”.

Verso una città “inclusiva, resiliente, sostenibile e sicura” è stato il tema della relazione della prima sessione tenuta da Luigi Fusco Girard, dell’Università Federico II di Napoli. “Fra 25 anni – ha osservato tra l’altro – saremo 2,5 miliardi in più. Dove andranno a finire tutte queste persone? Nelle baraccopoli, negli slum, nei quartieri degradati delle nostre città? Oggi avviene proprio questo. Eppure il modello della grande città che si espande a dismisura continua a costituire un biglietto da visita per tanti Paesi”.

Pensare la città del futuro è quindi un problema complesso, ma, per Fusco Girard, “serve un nuovo paradigma capace di porre al centro non l’economia, non la ricchezza, non l’ecologia, ma l’uomo e la sua pienezza relazionale”. Uno dei punti della sua tesi di partenza afferma che “si migliora il benessere e la qualità della vita ma anche la capacità attrattiva (talenti, investimenti, ecc.) se si rendono più dense le relazioni, tali da generare legami capaci di attivare nuove catene di valore” ed ha di seguito delineato, tra l’altro, le caratteristiche di una città “smart”, “della salute” e “rigeneratrice”.

A conclusione della prima sessione, Mons. Ignazio Sanna, Arcivescovo di Oristano, ha affrontato il tema de La città luogo del sacro, invitando alla fine a ricordarci che “nella città ci sono tanti altari nei quali si offrono sacrifici della solitudine, della disperazione, della prova; ci sono tanti santuari della sofferenza dove si consumano giorni di dolore e di abbandono. Allora oltre che nelle chiese e luoghi di culto si deve servire a questi altari nel visitare questi santuari. Dobbiamo uscire dai recinti sacri per annunziare il Vangelo di Gesù e testimoniare lo stile delle beatitudini alle persone che non varcano le soglie delle nostre chiese. Bisogna avere il coraggio di andare incontro a Cristo dove si fa riconoscere e cioè nel mondo dei poveri, dei sofferenti e degli emarginati”.

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