Inghilterra addio

di Pierluigi Castellani

Con l’inoltro della richiesta di attivazione dell’art.50 dei Trattati Europei, presentata della Premier inglese Theresa May al Presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk, la Gran Bretagna ha definitivamente dato l’addio all’Europa. Non è certamente una sorpresa perché, dopo l’esito del referendum con cui la maggioranza degli inglesi ha deciso di lasciare il continente tornando ad essere un’isola, il governo inglese non poteva fare altro a meno che non fosse intervenuta una sconfessione da parte del parlamento, che appunto non c’è stata.

Ma ora lo scenario cambierà anche se non si può immaginare come resterà definito al termine dei due anni previsti per la rescissione del contratto europeo, stipulato dalla Gran Bretagna nel 1973. E’ difficile infatti immaginare un’Europa senza la monarchia inglese, anche se alcune incognite di un certo spessore stanno nascendo. In primo luogo perchè sia la Scozia che l’Irlanda del nord hanno manifestato a più riprese di voler rimanere in Europa, la prima avendo già deciso di indire un nuovo referendum per la separazione da quella che rimarrebbe della Gran Bretagna e la seconda perchè sempre più forti sono le volontà di riunificazione tra le due Irlande, quella del nord e quella del sud. Cosicchè con la Brexit la Gran Bretagna non sarà più Gran ma solo Bretagna con il Galles, che comunque già gode di una certa autonomia ed indipendenza. Ma poi ci sono tutte le incertezze che pesano su questa decisione e sui risultati della lunga trattativa per l’uscita dall’Unione. Infatti se la Gran Bretagna vorrà rimanere nel mercato comune europeo dovrà comunque sottostare alla normativa europea per quanto riguarda la libertà di movimento di capitali e persone ed alla giustizia europea per quanto riguarda le controversie e garantire diritti e libertà a quei cittadini europei, e tra questi 600.000 italiani, che tuttora risiedono in Inghilterra. Insomma non si sa ancora come la questione potrà andare a finire, anche perché sarà difficile che gli inglesi possano essere liberi di stringere relazioni bilaterali con ciascuno dei paesi europei quando questi saranno comunque vincolati ad una posizione comune europea. Alla lunga gli inglesi potranno trovarsi a registrare di non aver concluso un affare con l’abbandono della UE anche per le ricadute negative che il mondo finanziario della City potrà avere.

Rimarranno tutti i centri finanziari ora ospitati a Londra o inizierà la ricerca di sedi più consone ed agibili all’interno dei 27 paesi che rimangono nell’Unione ? Molti sono gli interrogativi che rimangono sospesi compreso un interrogativo che grava sui rimanenti 27 paesi dell’Unione. Sarà possibile dopo l’uscita della Gran Bretagna rinsaldare la solidarietà interna dell’UE e magari un suo rafforzamento in termini di integrazione? Il pericolo infatti consiste nell’atteggiamento che potranno avere quei paesi, già euroscettici, se vedranno l’Europa trattare in termini troppo vantaggiosi l’Inghilterra dopo la sua uscita. Questo potrebbe essere considerato un esempio da imitare per chi già manifesta insofferenza e dubbi verso l’Europa e condurre all’intera deflagrazione del sogno europeo. Il rischio vero è proprio questo. Quando l’America di Trump sembra disinteressarsi dell’Europa e la Russia di Putin sempre più intenzionata invece a riconquistare una propria sfera di influenza nei paesi dell’est è necessario che ci sia un forte interlocutore, come un’Europa unita, a riaffermare e difendere quei valori su cui si è costruita la nostra civiltà. Ecco quindi che l’uscita della Gran Bretagna deve avere invece come risposta un’Europa più unita e più solidale. Ne va del nostro benessere e della nostra pace. C’è da augurarsi che le difficoltà ,che incontrerà l’Inghilterra a rispolverare questo suo sogno nazionalista, servano a far ricredere quanti pensano che sia meglio affievolire i legami europei e rinchiudersi nei propri confini nazionali. I vari populismi che si stanno diffondendo in Europa, e che comunque hanno dovuto registrare una battuta d’arresto nelle elezioni olandesi, devono condurre a qualche conclusione positiva in chi crede ancora nell’Europa per rafforzare il proprio impegno a rendere sempre più attuale il sogno dei padri fondatori.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.