L’Umbria, la crisi e la politica

di Pierluigi Castellani

La crisi da cui l’Italia non riesce ancora ad uscire in Umbria sta assumendo toni particolarmente preoccupanti per le incertezze che si registrano in aziende fino ad ora trainanti dell’economia locale. Parlo in particolare dell’Ast di Terni, della Merloni di Nocera Umbra e della  ex Pozzi di Spoleto. Ci sono poi altre realtà che vivono criticità che si spera siano  presto superate. Insomma l’economia umbra soffre e questo sta sollecitando allarmati interventi delle forze sociali e di altri addetti al settore. Soprattutto da parte dei sindacati si chiede a gran voce un “nuovo protagonismo” della politica perché affronti con decisione il tema di una nuova politica industriale nella nostra regione. Ma quale politica industriale ? c’è da chiedersi. Infatti fino ad ora si è spesso assistito a richieste di  un ritrarsi della politica da spazi non suoi per sollecitare invece un protagonismo delle forze sociali in campo. C’è insomma da chiarire quale sia il ruolo della politica nel momento in cui si vede soprattutto un disinteresse nella nostra regione delle multinazionali – si veda la Tyssen Krupp per l’Ast di Terni –  e un’anemia del tessuto industriale, fatto soprattutto di piccole e medie imprese, che non sa rinnovarsi e che non riesce a competere in un mondo globalizzato. Credo che ci siano tutte le ragioni per un richiamo forte perchè la politica regionale assuma come prioritari i temi dello sviluppo e del lavoro. Infatti la politica energetica, quella delle infrastrutture, della semplificazione burocratica,  di una diminuzione della pressione fiscale sull’imprese e sul lavoro ( penso all’Irap),del ruolo delle agenzie regionali quali Sviluppumbria e Gepafin, sono tutti temi che riguardano in pieno i Palazzi Donini e Cesaroni. Ma poi ci sono problemi specifici che riguardano le imprese, come la capacità di innovarsi e competere e quella di assumere il  rischio di impresa come elemento di forte responsabilizzazione, ed altri temi che riguardano il sistema creditizio come il costo del denaro, temi questi spesso sottratti alla politica almeno che non si voglia tornare allo stato imprenditore, allo stato banchiere,allo stato tutto, che oramai neppure i nostalgici del socialismo reale reclamano più.

C’è però un tema che nella pubblicistica più avveduta sta riemergendo e cioè che il mercato come unico regolatore del sistema economico ha oramai fallito. C’è quindi bisogno di una politica, più interventista, più presente sullo scenario economico proprio per rendere più agevole fare impresa con fiscalità  meno oppressiva, con una politica delle infrastrutture materiali ed  immateriali che accompagni il fare impresa, che lasci all’imprenditore i suoi rischi, ma che gli consenta di competere alla pari sullo scenario internazionale. Per questo c’è bisogno di un protagonismo della politica ? Credo di sì, soprattutto di una politica che non si alimenti solo di ceto politico, ma che sappia correre dei rischi anche lei, che sappia aprirsi e che sia consapevole che può essere contesa oggi che il voto degli elettori diventa sempre più mobile e sempre meno di apparato.

 

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