CONTINUA A CHIAMARMI NELL’UNIVERSO

NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / Una vecchia ballata del Beatles, diventata un cult per gli amanti di civiltà orientali, materie esoteriche e pratiche psichedeliche, dice nell’ultima strofa: “Amore senza fine né limiti mi splende intorno come un milione di soli.

Mi chiama ancora e ancora per tutto l'universo”. La canzone è “Across the Universe” e John Lennon l'ha considerata da sempre il miglior testo poetico che avesse mai scritto.
Non occorre essere seguaci di culture orientali, né, tanto meno, praticanti di meditazione trascendentale (la canzone contiene anche un esplicito mantra rivolto al Maestro di Maharishi Mahes Yogin) per sentirsi rilanciati anche da questo brano, musicalmente molto convincente e melodico, verso l'immensa manifestazione della nostra coscienza che prende corpo e vita quando ci fermiamo, per un solo attimo, a pensare l'universo.
Ognuno potrà farne la prova con se stesso, dedicandosi un augurio del tutto soggettivo e privato proprio durante la giornata di Natale: regalarsi l'emozione dell'universo significa parteciparla con tutti i fratelli e ricondurla a un principio, per molti creatore, per tanti altri ordinatore, in grado di dare ragione della nostra presenza su questa terra.
Le emozioni che ci hanno dato la sonda Rosetta e il modulo Philae atterrando su una cometa (era lo scorso 12 novembre), le dirette che ci manda Samantha Criistoforetti dalla Stazione Spaziale Internazionale, il lavoro su Marte del Rover della Nasa Curiosity sono esperienze, per ogni essere umano, che finalmente lo attraggono verso regioni dello spazio e del tempo in grado di sintonizzarlo in pieno con il suo destino di uomo dei prossimi millenni.
Il nostro destino sarà quello di familiarizzare sempre più con la casa dell'universo che, dal primo uomo in poi, la metafisica e la scienza, la poesia e la filosofia hanno cercato di avvicinarci, finché la religione cristiana ha definitivamente eretto a casa di Dio, rendendone carne come la nostra la propria eredità filiale. Le grandi mitologie precristiane, anch'esse, avevano profondamente sentito la casa dell'universo come sede della divinità, ma avevano peccato di eccesso di realismo, immaginando le regioni celesti come altrettante stanze di dèi statici e rissosi, molto partecipi delle sorti umane ma privi di personalità intrinseca e superiore. La scienza, operando sotto traccia sotto tanto nelle vecchie mitologie quanto nel nuovo pensiero cristiano, ha dato forme via via più adeguate alla reale portata dell'universo, fino a imporre verità e prospettive di ricerca nella fisica e nella chimica universali che oggi cercano di superare di slancio, qua e là riuscendovi, l'indifferenza della gente e lo specialismo dei ricercatori.
Molte vole, e spesso in maniera drammatica, il pensiero scientifico è entrato in collisione con i dogmi della Chiesa. L'emancipazione da quelle stagioni dolorose oggi è in gran parte avvenuta e il problema sembra, più che altro, quello che tanto la religione quanto la scienza avvertono quando denunciano l'indifferenza consumistica e l'apatia postmoderna per tutto ciò che è sopra le nostre teste o nel profondo delle nostre coscienze.
Non serve a nulla festeggiare il Natale del Signore se non viene rimosso il disinteresse – nella scienza o nella religione – per l'incommensurabilità dello spazio rispetto agli atomi pensanti che noi siamo. Bella, invece, e tutta da accettare, l'incredulità che ci prende, come da bambini, nella notte di Natale, quella titubanza a credere che continua di fronte ai paesaggi di Marte, dinanzi alla successione infinita di albe e tramonti che ci viene rimandata dalla Sonda Spaziale Internazionale! Bello il buio che ci circonda, incantevole ed enigmatico oltre la luce del sole vista ad altezza di missione spaziale! Bello, bello, ogni nostro piccolo incedere difficoltoso nell'universo, ogni dover ripartire come da un nuovo giorno natale, quello del Signore e il nostro, ogni poter ascoltare i richiami che da ogni parte dell'universo, di giorno e di notte, in pace e in guerra, continuano ad arrivarci come nella ballata di John Lennon: “Amore senza fine né limiti mi splende intorno come un milione di soli. Mi chiama ancora e ancora per tutto l'universo”!
La mia vita rinasce ogni volta che riesco a sentire la voce infinita, fatta di mille espressioni, che dalla casa buia, oltre la volta celeste, continua a chiamarmi nell'universo.

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