LA SETTIMANA DEL PROFESSOE AFFABILE

di Umberto Giorgio Affabile / Giorgia Meloni ha un look per la mattina e uno per la sera: a mezzogiorno veste da pasionaria, a Perugia, accanto a Ricci, dopo le nove, messi i panni e i capelli da vamp, è ospite a “Dimartedì”, nel salotto di Floris.

È accaduto martedì 24 marzo, fra curiosità locale e abitudine nazionale al suo volto e alla sua figura. Ma almeno un pregio i leader nazionali di partito ce l'hanno: la semplificazione estrema del discorso politico, la concisione del messaggio, la velocità da talk show con cui macinano risposte prima ancora che le domande siano formulate. E la Meloni ha usato questa triplice strategia per dare una mano a risolvere i problemi del centro-destra umbro, ostinato, non si sa perché, a non voler lasciare la strada spianata a Ricci e capace di inventarsele di tutte - lungo l'asse Laffranco-Monni-Ronconi - pur di correre dietro a vecchie bandiere. Quando Ronconi, infatti, accusa Ricci di aver messo in piedi la coalizione più a destra l'Italia, non centra l'obiettivo polemico perché il moderatismo di Ricci è palese e, salvo Salvini che proprio oggi è a Spoleto, inattaccabile da un ultra centrismo nostalgico come quello dell'ex senatore di Spello.
Anche il centro-sinistra umbro, la sera avanti della presenza a Perugia della Meloni, ha avuto il suo leader nazionale. A Lorenzo Guerini si è fatta aspirare un'atmosfera serena oltre ogni ragionevole aspettativa: anche la sinistra interna si è ritrovata sulla proposta del segretario regionale, così che a Guerini, che ha lo stesso look la mattina e la sera, a Roma e a Perugia, non è restato che prendere atto di un Eden che nemmeno Renzi, a Roma, riesce a ricreare.
Cifrato, come al solito, l'elenco dei criteri per le candidature: l'equilibrio di genere al 50% è ancora “tendenziale”; per affrontare il nodo spinoso di proposte di candidatura provenienti da Perugia e da Spoleto - i Comuni consegnati l'anno scorso al centro-destra - si invocano barocche “proposte di discontinuità rispetto alle recenti dinamiche locali”; se, infine, le Unioni comunali e intercomunali vorranno far avere proposte alla Direzione regionale del partito, dovranno farlo, come si paga una qualunque bolletta, “entro e non oltre il 31 marzo prossimo venturo”. Ci manca solo che faccia fede la data del timbro postale, e il cielo sul Pd umbro si richiude prima che possa essersi aperto almeno in parte. E quanto a quello che c'è sotto traccia, però, il Pd, anche in questo clima, non lesina sorprese, se le istanze di base continuano a reclamare i nomi di personalità politiche “perdenti” a Perugia e a Spoleto mentre nei Comuni vincenti - vedi Orvieto - non si lascia spazio al “vincente” Trappolino e gli si preferisce il consolidato Galanello, con colpi di scena non ancora, a oggi, rientrati.
A smuovere acque tanto tranquille, nonostante le apparenze, su entrambi i fronti di centro-destra e di centro-sinistra ci ha pensato il Governo, con una boccia tirata nel mucchio ieri l'altro dal ministro Franceschini: “Il Consiglio dei ministri” ha twittato il responsabile dei Beni Culturali “impugna il Programma strategico territoriale dell'Umbria: non può essere sovraordinato al futuro Piano paesaggistico”.
Sono subito cominciate le schermaglie tecniche, da parte della Regione, che difende la sua prima legge di quest'anno; Borletti-Buitoni ha preso subito posizione politica; la campagna elettorale non ha ancora fatto in tempo ad accorgersi della nuova occasione, e quando l'avrà inquadrata, faticherà enormemente a rendere commestibile, nel palato dei votanti, le perifrasi legislative sottoposte a critica da Roma. Perché, invece, non approfittarne, per parlare in termini concreti, una volta tanto, sia di paesaggio che di territorio?
Inutile sperarlo, con tutti gli interessi scatenati, in questa settimana, intorno alle candidature. Valgono più retoriche parole di circostanza a commento della sentenza per Amanda Knox e Raffaele Sollecito; fa più clamore Foligno che insegue a tutto spiano candidature culturali su un territorio - o un paesaggio - che dovrebbe condividere con Spoleto; ci consoliamo leggendo che forse Terence Hill lascia la parte di Don Matteo. E, in campagna elettorale, ci diciamo che anche questa è Umbria.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.