LEVANTE. Considerazioni del mattino MADRI

di Maurizio Terzetti
Un po’ di casualità fa coincidere la canonizzazione odierna di Madre Teresa di Calcutta e la nomina di Madre Maria Daniela Vacca ad abbadessa del Monastero di San Magno, ad Amelia. L’onore degli altari per Madre Teresa è un evento universale senza pari, la nomina di Madre Maria Daniela ha anch’essa qualche requisito di straordinarietà perché quella carica non è più in uso nel Monastero benedettino di Amelia da mezzo secolo.
La storia della Chiesa cattolica è ricca di sante e di badesse, a conferma del fatto che il ruolo della donna non è stato poi così marginale nell’essenza del cristianesimo anche se lo è stato e lo è sul piano della struttura e della gerarchia.
Ma la santità di Madre Teresa segna davvero una svolta nel modo di concepire virtù umane e soprannaturali in una stessa persona dal punto di vista della Chiesa cattolica. La fragile religiosa albanese, naturalizzata indiana, ha saputo vivere senza sosta ai confini del mondo e in pieno Novecento quella santità antica, medievale, francescana che, di norma, tutti i grandi santi riformatori hanno ben radicato prima di tutto nella loro terra d’origine, in particolare, con San Benedetto e San Francesco, in Umbria.
Lasciata ogni radice di questo tipo in Occidente, Madre Teresa ha portato i frutti del suo albero ad attecchire altrove nel mondo e in mezzo a fedi diverse, creando con ciò un esempio di santità che solo il futuro saprà, più di noi, accogliere e valorizzare, anche in certe venature di incredulità spirituale che Madre Teresa non ha esitato confessare.
Di sé e delle altre Missionarie della Carità ha detto: “Siamo delle contemplative che vivono in mezzo al mondo”, progettando così senza mezzi termini l’architettura della santità del futuro, accettando l’onore della santità solo come prosecuzione del servizio speso in terra a favore dei poveri.
Credo che a Madre Maria Daniela non possa venire, oggi, un segno più felice della canonizzazione di Madre Teresa per l’inizio del suo compito di abbadessa.
La complessità del disegno gerarchico che ha portato a un nuovo investimento nella religiosità del Monastero benedettino di Amelia è un fatto in grado di arricchire di impegni, anche concreti, la comunità amerina e l’Umbria nel suo insieme.
Il rigore benedettino e la sua ascendenza sulla vita e sull’opera di Francesco d’Assisi, la caratterizzazione al femminile della regola di Benedetto da Norcia riconducono, ognuno per suo conto, a quella sintesi fra contemplatività e operosità per cui Madre Teresa di Calcutta ha sempre vissuto.
La contemplatività è dote precipua di un Monastero benedettino e la nuova abbadessa farà di tutto per conservarla e valorizzarla. E quanto al mondo, quello lontano, Madre Maria Daniela sa che non c’è bisogno ormai solo di andarlo a trovare ai confini della terra più di quanto esso bussi direttamente alle porte delle nostre case. Soprattutto a quelle di un Monastero benedettino in Umbria.

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