TEODORICO MORETTI-COSTANZI. IL SAPORE UMBRO DELLA FILOSOFIA

UMBRIA PER SEMPRE. BIOGRAFIE VALORI PERSONAGGI di Maurizio Terzetti / Certo, il destino di un filosofo non è, da tempo, di divenire un popolare punto di riferimento per le generazioni che vengono dopo di lui. La celebrità di un pensatore si misura con la notorietà mediatica che egli ha in vita. Questo fenomeno è invalso negli ultimi due decenni e si è servito, per un felice punto di appoggio, dei molteplici festival della filosofia che la gente, specie d’estate, segue come altrettanti appuntamenti mondani.

Filosofi viventi traducono il loro pensiero in una spiegazione della società attuale e così si fanno ascoltare, finché, perlomeno, possono essere assidui sulla scena televisiva prima di passare di moda.

Diverso è il discorso che riguarda pensatori vissuti abbondantemente prima del protagonismo mediatico dei filosofi di oggi. Si tratta, perlopiù, di imponenti figure di studiosi che hanno celebrato i fasti del loro sapere nelle Università e nelle Accademie, giovani nell’Italia del secondo dopoguerra, isolati, di fatto, sulla soglia della loro vecchiaia, quando il prodotto intellettuale cominciava a vendersi nei primi salotti culturali televisivi.

Teodorico Moretti-Costanzi è un pensatore molto emblematico di questo passaggio di autorevolezza del cattedratico che lui è stato dalla fama universitaria alla dimenticanza mediatica.

Nato a Pozzuolo nel 1912, morto a Tuoro giusto vent’anni fa, il 23 giugno 1995, egli è un umbro, un mistico, un asceta del quale da umbri, da mistici e da asceti dobbiamo ancora intendere il profondo sentimento poetico, se mai potremo essere favoriti da una lettura piana e quotidiana delle sue opere, che certo non sono di facile impatto.

Occorre riconoscere che, dopo la morte, per più motivi la sua personalità, fra Tuoro, nel palazzo del Capra, e Castiglione del Lago, è stata messa in luce adeguatamente e con la pubblicazione, presso Bompiani, del corpo delle sue “Opere”.

L’operazione editoriale, soprattutto, si segnala perché difficilmente altri autori, poeti e filosofi, di questa terra hanno avuto gli stessi riguardi e la stessa dimostrazione di interesse. Da questo punto di vista, si può dire che Moretti-Costanzi è stato davvero fortunato: all’interesse locale, prevalentemente rivolto alla sua figura di stimolatore di studi e ricerche sulla Battaglia del Trasimeno, si è unita l’attenzione riconoscente di un allievo come Vittorio Sgarbi e, di conseguenza, l’ingresso del pensatore nell’orbita di un editore nazionale come Bompiani.

Fin qui le premesse del discorso. Ciò che, però, più di altro ci tengo a mettere in luce è che l’inquadratura data a Moretti-Costanzi ne sta facendo un busto rigido e una maschera impenetrabile.

Il tono della sua filosofia è quantomai teoretico e cifrato, la traduzione del pensiero si rivela ardua, il volgarizzamento può risultare sciatto, la spiegazione letterale di suoi testi può diventare accademica e pedante.

Eppure è molto chiaro, leggendo quanto ne ha scritto Edoardo Mirri ed estraendo, per campione, alcune pagine del tomo di Bompiani, che Moretti- Costanzi vive in un’atmosfera di poeticità e di fede che, oltre la sua figura, circonda sicuramente ancora, nella vita di tutti i giorni, quanti vivono in questa regione.

Il filosofo di Pozzuolo ereditava, a sua volta, una lunga serie di suggestioni culturali ed estetiche, un “sapore” umbro della filosofia, che provenivano dal clima spirituale umbro, quello profondo, di Francesco e di Chiara, di Jacopone e di Margherita da Cortona (siamo sempre sui confini, l’Umbria vive spesso grazie ai suoi confini). Poiché, quelle suggestioni, Moretti-Costanzi ce le ha trasmesse intatte sotto l’austera veste filosofica, esse sono poesia viva che, da umbri, non possiamo non estrarre e sentire, specie se qualcuno, in maniera non cattedratica anche se dall’Università, ci accompagna nella scoperta e ci conferma nella scrittura.

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