LA DIFFICILE PACE

di Pierluigi Castellani

Tutti invocano la pace, ma intanto la guerra in Ucraina continua. Le piazze di moltissimi paesi, sì anche quelle di Mosca e di altre città della Russia, si riempiono dell’angosciata invocazione alla pace e neppure l’accorata preghiera di papa Francesco ” Fermatevi” riesce ancora a fermare la guerra. Come pure i numerosi tentativi diplomatici di mediazione , che vedono in primo luogo i leader europei, non riescono a fermare l’avanzata delle truppe di Putin nel nord e nel sud dell’Ucraina. Putin vuole la resa di Kiev per assicurarsi quella che lui chiama “denazificazione e smilitarizzazione” dell’Ucraina. Perché tutto questo? E’ difficile rispondere a questa domanda. Qualcuno si interroga anche sulle eventuali colpe dell’occidente. La Nato si sarebbe spinta troppo oltre e forse l’occidente non ha fatto sufficienti pressioni su Kiev perché da parte sua concedesse, come prevedevano gli accordi di Minsk, l’autonomia delle province  filorusse del Donbas. Ma come ci insegna la storia è facile trovare pretesti per chi vuole fare la guerra. Il disegno di Putin, in questo assecondato anche dalla profonda Russia che rimpiange ancora di aver perduto il suo ruolo imperiale, è quello di riunificare sotto l’egida di Mosca tutte le popolazione russofane, operando in questo senso anche arditi salti all’indietro nella storia, come se noi italiani rivendicassimo di riunificare le nazioni che una volta facevano parte del Sacro Romano Impero. E’ certo che il disegno panrusso di Putin non riesce a trovare  consistenti resistenze anche all’interno  delle popolazioni che usano la lingua russa. E’ difficile contrastarlo e le voci di dissenso vengono subito messe a tacere con la forza. Le migliaia di arresti della popolazione che scende in strada in Russia, il bavaglio introdotto alla stampa tanto che anche i corrispondenti delle maggiori testate occidentali per paura di rimanere sotto il mirino di Putin hanno abbandonato Mosca lo stanno a dimostrare. Anche nella cerchia ristretta di Putin  si ha timore di dissentire. Come non ricordare le livide ed impietrite facce degli alti burocrati, membri del consiglio di sicurezza russo, di fronte al loro leader ! L’occidente non può che limitarsi alle sanzioni economiche più rigide, che avranno anche un costo per tutti noi, ed a fornire aiuti umanitari  ed armi. Non può fare molto di più. La Nato non può certamente intervenire direttamente – ricordiamo che secondo i trattati è un’alleanza solamente difensiva che può intervenire solo di fronte ad un attacco diretto ad uno dei suoi stati membri – e l’Onu oltre a dichiarazioni di principio, come sostanzialmente è già avvenuto con  la risoluzione dell’assemblea, approvata a larghissima maggioranza, non può fare molto perché il suo consiglio di sicurezza è paralizzato dal veto russo. Ed è veramente strano che nella manifestazione di Piazza San Giovanni a Roma sia risuonato più volte l’invocazione dell’intervento dell’Onu quando è  ben noto che ci vuole l’accordo unanime delle grandi potenze cui è riconosciuto il diritto di veto. Ecco perché appare  quanto mai fuori luogo chi nella medesima piazza affermava “né con la Nato né con Putin” come si potesse stabilire un’equidistanza tra l’aggradito e l’aggressore e come se quell’affermazione non evocasse l’ancor più triste  dichiarazione ” né con lo Stato né con le Br”, che ci riconduce ad un nostro ben triste passato. Forse quanti cantavano , sempre in quella piazza,  Bella Ciao hanno dimenticato, che i giovani che ottant’anni fa cantavano quella canzone, a noi tutti tanto cara, erano sì pacifisti ma anche combattenti contro uno straniero che aveva invaso la nostra terra. Non vorrei, è questo è sicuramente un cattivo pensiero di cui chiedo anticipatamente scusa, che la vera colpa che si vuole alla fine addossare agli ucraini è che ancora non si siano arresi. Rimane ancora una speranza, che alla fine l’incessante opera diplomatica e l’appello, che giunge anche da tanti stati dichiaratisi neutrali, induca a far tacere le armi. A questa speranza ci aggrappiamo.