Terni, eclissi e Lancia di Luce, dedica d’Autore

TERNI – La foto, scattata il 28 settembre scorso ritrae la famosa “Lancia di Luce” di Arnaldo Pomodoro illuminata dall’eclissi totale di Luna di quest’anno. Lo scatto del fotografo Stefano Principi, questa mattina ha avuto l’onore e l’onere di ricevere la dedica dell’artista e scultore italiano, Arnaldo Pomodoro. La fotografia è arrivata direttamente nello studio dell’Autore a Milano. A fare da tramite Mario Finocchio, che costruì “fisicamente” la Lancia di Luce a Piazza della Repubblica e che ha pubblicato qualche anno fa un libro sulla città dal titolo “La storia industriale di Terni, chi l’ha letta, chi l’ha vissuta”. La foto è quindi ritornata a Terni con tanto di dedica e di complimenti. Il rapporto fra Arnaldo Pomodoro e l’Umbria inizia nel lontano 1962, quando Giovanni Carandente lo invita a partecipare all’esposizione “Sculture nella città”: la Colonna del viaggiatore esposta al pubblico durante la quinta edizione del Festival dei Due Mondi di Spoleto è stata in seguito donata alla città. È poi la volta di Terni, nel 1995, con l’opera Lancia di Luce, concepita per Piazza del Popolo con la volontà di sintetizzare, in un unico simbolo, l’idea dell’evoluzione tecnologica e la pregnanza storica e sociale che le acciaierie hanno significato per la città di Terni. Nell’intenzione dell’artista c’è infatti la volontà di unire in un simbolo unico l’idea dell’evoluzione tecnologica, l’importanza della storia e del percorso che le acciaierie hanno significato per la città e i suoi concittadini e inoltre la realtà del duro lavoro che, malgrado l’evoluzione tecnologica moderna, ancora esiste in certi tipi di impieghi e reparti. L’opera si presenta come un gigante di 105 tonnellate di acciaio divisa in quattro sezioni: la prima in acciaio, cromo e rame, funge da base, ed è la più alta della quattro (dieci metri) e la più poderosa. Essa è fortemente segnata dagli oggetti e dalle rientranze che rappresentano il patrimonio informale dello scultore. La seconda, intermedia, è di acciaio inossidabile, l’acciaio speciale ternano che ingloba nichel e cromo e per questo inossidabile all’aria. La terza sezione è dello stesso materiale ma più geometrica e affilata della precedente, mentre la quarta in ottone lucente, è appuntita come una guglia gotica e di notte si trasforma in un ago incandescente. La realizzazione dell’opera ha comportato l’uso delle più sofisticate tecnologie, e per la grandezza della stessa, e perché era destinata a stare all’aperto e quindi si rendeva necessario che non arrugginisse, pertanto, una volta realizzato, da parte dell’artista, il modello in scala, sono state costruite le “madriforme” delle diverse sezioni, per la fusione. Gli stampi per la colata del metallo liquido, dovendo subire una temperatura di 1600 gradi, sono stati realizzati con particolari sabbie refrattarie, ricche di silice, cromo e zirconio, provenienti dal Sud-Africa e dall’Australia e, per di più, indurite da acidi e da resine. I vari metalli e le scorie raccolti nei capannoni, sono stati riportati allo stato liquido in un forno elettrico ad arco e con i metalli sussidiari, sono serviti a conferire all’acciaio la resistenza necessaria e soprattutto la lucentezza e la differenziazione della colorazione voluta dall’artista. Sia le fusioni che le rifiniture delle quattro sezioni sono state eseguite sotto il controllo dello scultore e le sofisticate saldature elettriche sono state realizzate con i più avveniristici metodi disponibili oggi nella siderurgia.

 

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