Un primo maggio in cerca di lavoro

di Pierluigi Castellani

Ancora un primo maggio che celebra il lavoro, ma che lo va cercando, anche se i dati Istat relativi al primo trimestre dell’anno danno una diminuzione della disoccupazione, che si attesta all’11,4%. E’ un dato confortante se si pensa agli ultimi anni di questa lunga crisi, ma certamente non ancora suscettibile di poter fare archiviare al nostro paese le difficoltà economica che sta vivendo da alcuni anni. I lavoratori quindi, che animeranno festosamente le piazze di questo primo maggio, non potranno dimenticare tutte le difficoltà che hanno vissuto in questi anni e certamente non lo potranno fare i disoccupati di lunga durata ed i giovani in cerca della loro prima occupazione. Ma sbaglierebbero se pensassero di addebitare tutto alla politica o alla mala sorte, perché qualcosa di nuovo c’è stato e quei timidi, per ora, segnali di ripresa debbono far bene sperare. E’ pur vero che i capi dei sindacati hanno commentato con molto pessimismo i dati Istat, che fanno invece moderatamente gioire il Ministro del Lavoro Poletti. Sembra oramai che ci sia una sorta di divisione delle parti, da un lato il sindacato sempre pronto a chiedere maggiori impegni e dall’altro il governo proteso a valorizzare i segnali positivi, che si affacciano sull’orizzonte economico del paese. Quasi sembra che non tutti abbiano a cuore i problemi del paese con la medesima intensità e con la medesima consapevolezza. Eppure lo scenario che il paese ha davanti dovrebbe essere abbastanza chiaro per tutti. Siamo dentro un’Europa, che nonostante gli sforzi del governo, non ha ancora del tutto archiviato la disastrosa politica dell’austerità,viviamo una costante minaccia del terrorismo internazionale, che alimenta guerre alle porte dell’Europa, si pensi alla Siria ed alla Libia, siamo di fronte ad una massiccia fuga di donne, uomini e bambini, dagli scenari di guerra , dalla miseria e dalla fame. Eppure non tutti sembrano consapevoli di queste sfide per affrontare le quali occorre non solo determinazione, ma anche solidarietà internazionale, mezzi e risorse, che non possono gravare solo su di un paese. Ci sono poi avvenimenti inquietanti che possono far tornare indietro le lancette della storia. Si pensi alla questione del minacciato muro sul Brennero da parte dell’Austria, il prossimo referendum sull’eventuale uscita della Gran Bretagna dall’Europa, il populismo estremista di destra che sta avanzando in Europa e di cui la probabile elezione di un rappresentante dell’estrema destra a presidente dell’Austria è l’ultimo segnale. Di tutte queste cose debbono aver consapevolezza le piazze che riempiranno il primo maggio. I lavoratori debbono sapere, che accanto alla sacrosanta difesa dei loro diritti e delle loro conquiste ci sono i problemi più vasti del mondo e da cui, volenti o nolenti, anche l’occupazione ed i livelli salariali del nostro paese sono dipendenti. Per questo questo primo maggio deve sapere che oggi i problemi del lavoro si sono più che mai internazionalizzati e che non c’è creazione di nuovo lavoro senza la pace tra le nazioni ed all’interno delle nazioni stesse, perché non si crea lavoro senza maggiori interscambi commerciali, che solo una pace duratura può facilitare. Ed una contrapposizione tra sindacati e politica non aiuta certamente, perché comune deve essere riconosciuto l’obbiettivo dello sviluppo e dell’occupazione. In questi giorni in Francia si sta riproponendo questa contrapposizione. Non sappiamo quanto tutto questo aiuti un paese amico come la Francia, che è tra i fondatori dell’Europa. Ma è certo che la solidarietà tra paesi e l’internazionalizzazione degli obbiettivi non possono che aiutare la crescita. Per questo il primo maggio 2016 speriamo che sia un primo maggio che faccia dimenticare le barriere e gli egoismi che dividono i popoli. Il lavoro cresce solo quando i muri vengono abbattuti e non già quando vengono riproposti. Questo ha insegnato la storia anche con le sue tragedie, che speriamo di non dover rivivere.

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