Il caso del petrolio lucano-pugliese ruota anche attorno ad un reato inconsueto: traffico illecito di influenze. Cioè uso e abuso di rapporti sentimentali e di amicizie.

Le dimissioni fulminee di un ministro, I commenti, le repliche, le controrepliche, le deposizioni (interrogatorio?) di un altro ministro, l’autoproclamazione del Presidente del Consiglio (‘’Quella è roba mia’’), gli attacchi agli inquirenti potentini, l’offensiva delle opposizioni e quella delle minoranze Pd: ci sono tanti ingredienti all’interno del caso politico-giudiziario che sta scuotendo il Governo e agitando il Parlamento. Conseguenze ed esiti si evidenzieranno meglio nei prossimi giorni. Intanto l’’affaire’’ (o presunto tale?) porta in scena un reato di cui i più ignoravano perfino l’esistenza: traffico illecito di influenze. E’ la contestazione che i Pm muovono al fidanzato (quasi marito) dell’ex ministro Guido, ritenuto protagonista di operazioni poco chiare, operazioni che avrebbe realizzato utilizzando il credito che gli derivava dai legami sentimentali con la titolare di un importantissimo ministero. Questo fidanzato sarebbe così inguaiato che gli inquirenti, come si sa, lo avrebbero voluto addirittura in galera. E, in realtà, insistono per ammanettarlo.

Fra le pieghe di una vicenda petrolifera che appare complessa, se non addirittura contorta, due voci appaiono più clamorose delle tante altre: quella di Matteo Renzi che si assume l’iniziativa del contestato emendamento favorevole alle attese dei dirigenti Total (‘’Bisognava finirla con i tira e molla…le opere sono indispensabili nell’interesse dell’Italia’’) e quella tonante del Presidente della Puglia, Michele Emiliano, che, in direzione Pd, non esita a parlare di ‘’scandaloso regalo’’ alla Società petrolifera. La battaglia dell’uno contro tutti o parecchi, e dei molti contro l’uno, è in piena espansione. Si faccia avanti chi sa leggere dentrio alla palla di vetro.

RINGHIO

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