Bar e ristoranti tirano in Umbria, ma c’è chi pensa ad un giro di vite

Vai a fare shopping in centro e proprio in una delle piazze, cuore della città, al posto dell’affezionato negozio di abbigliamento ti ritrovi un nuovo bar. Basta guardarti intorno e, di gelaterie, bar, ristoranti ne scovi diversi che fino a qualche mese non c’erano. Accade a Terni ma la situazione non si discosta molto da Perugia o Foligno. Nonostante la crisi morda, il settore della ristorazione sembra non accusare i colpi. Già dall’osservatorio del turismo di due anni fa, bar e ristoranti in Umbria registravano una crescita rispettivamente del 4,2 e del 2,1 per cento. Tuttavia una stima precisa del numero degli esercizi è difficile perché spesso una quota significativa è inserita all’interno di imprese che operano in settori di attività diversi o sono classificati come gelaterie o altro. La liberalizzazione ha contribuito alla moltiplicazione degli esercizi pubblici. In Umbria una fetta consistente è gestita da stranieri. Secondo uno studio della Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi) di Confcommercio ben il 13,4% dei ristoranti, bar e fast food umbri è gestito da stranieri. Una percentuale superiore alla media nazionale del 12,1% che a Perugia arriva al 14,5%. Il dato non stupisce visto che anche il IX Rapporto Cnel la posiziona l’Umbria all’11° posto per capacità di attirare quanta più popolazione immigrata presente a livello nazionale. Del resto la presenza dell’Università per Stranieri rende Perugia città aperta e molti studenti, terminati gli studi, decidono di rimanere qui e di tentare la strada della ristorazione.

La densità di bar ed esercizi pubblici fa a pugni con il decoro urbano e talvolta con la sicurezza, non certo per colpa degli esercenti, che anzi spesso sollecitano interventi, quanto degli avventori che spesso si abbandonano agli eccessi. Lo sanno bene a Terni alcuni abitanti delle vie della movida che da mesi lamentano disagi. Così come quelli di Foligno. Mentre le regole sull’apertura delle nuove attività nei centri storici dell’Umbria si limitano a definire tipologie (a Terni), superfici minime, valutazioni di impatto acustico dei locali (a Perugia), fa riflettere il caso di Roma.

La città ad altissima vocazione turistica, pensa a un giro di vite. Per il momento ha vietato l’apertura di nuovi bar in 55 strade di particolare pregio architettonico ma entro la fine dell’anno potrebbe estendere il divieto anche alle gelaterie e alle pizzerie.

Un provvedimento forse impopolare ma che di certo aiuta a preservare il territorio e anche tutte quelle attività commerciali “storiche” che troppo spesso, in questi ultimi anni, per effetto della crisi e della concorrenza sono state costrette, anche in Umbria, ad abbassare le saracinesche.

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