EUROPA TRA RINASCIMENTO E GUERRA

Mario Roych / Il risultato delle elezioni in Grecia e la decisione di Draghi in base alla quale la BCE potrà comprare direttamente, con certe cautele, titoli del debito statale di ciascun Paese, hanno movimentato l’orizzonte delle politiche europee.

Un commentatore abbastanza lucido, com’è Eugenio Scalfari, nel suo articolo domenicale ha scritto ieri che Tsipras non potrà vedere accolte dall’UE le sue richieste economiche: azzeramento del debito pubblico greco o quanto meno il suo trasferimento a carico dell’Europa (presumo alla BCE) a tasso zero e per cinquant’anni; concessione di un nuovo prestito straordinario. Infatti, Draghi, che è il principale destinatario di queste richieste, ha pronunciato un NO secco e preciso.
Maggiori possibilità ha la richiesta di una politica europea non recessiva, perché essa è condivisa da molti altri Paesi. Su questo tema si svilupperanno i negoziati.
Scalfari osserva che c’è una quarta richiesta, o quanto meno se ne vede l’ombra. Essa riguarda una riforma radicale del concetto europeo fin qui conosciuto e precisamente riguarda la possibilità che l’unione cessi di essere una confederazione di Stati che vogliono continuare a gestire in proprio le “vere” politiche, per diventare una “Federazione” alla quale i singoli stati cedano pezzi rilevanti della propria sovranità. La gestione di dette politiche, in materia di affari esteri, di bilancio, di fisco, di lavoro, di welfare, sarebbe unificata in una legislazione europea. Tutto ciò comporterebbe l’estensione dei poteri del Parlamento europeo, l’elezione a suffragio universale del Governo (con il pensionamento dei tecnocrati della Commissione). I debiti pubblici sarebbero anch’essi gestiti unitariamente. La Grecia quando proporrà tutto questo troverà un alleato proprio in Mario Draghi.
Per un federalista da sempre come me, questa riforma radicale preannuncia il raggiungimento di un sogno, quello di Alcide De Gasperi e di Altiero Spinelli. Per questo, ho voluto dire che per l’Europa si intravede un nuovo Rinascimento.
Ma il rischio di un conflitto armato, a partire dal cuore dell’Europa, può spegnere in un attimo questa meravigliosa prospettiva. I venti di guerra soffiano impetuosi. Da un lato ci sono le prepotenze di Putin, dall’altro il prevalere delle strategie del corpo militare cui fa capo concretamente la gestione del Pentagono americano e della Nato. Vorrebbe tentare di risolvere la questione ucraina con un confronto militare, senza affrontare e risolvere una volta per tutte il problema della sicurezza per tutti i Paesi coinvolti, dandosi carico anche dei problemi che preoccupano Mosca. Russia e Stati Uniti dichiarano formalmente che non interverranno in Ucraina, ma l’invio di armi e di consulenti militari è una premessa che condurrà fatalmente al Conflitto.
Obama non si oppone ai militari o non può permettersi di contrastare il Pentagono, come dimostra il deludente cammino a ritroso sull’impiego di truppe di terra in Iraq. Rischia di finire il secondo mandato nella stessa situazione di Bush.
Non potendo contare sull’alleato americano, l’Europa deve trovare l’energia per risolvere diplomaticamente il problema insorto ai confini della Russia. Con favore va salutato l’impegno in tal senso di Francia e Germania. Hollande e Merkel sono andati a Mosca per una nobile missione, né essa può essere posta in cattiva luce per il fatto che non è l’UE a muoversi ma due Stati nazionali. Purtroppo non hanno ritenuto utile e necessario neanche l’affiancamento della rappresentante della politica estera dell’unione, la signora Federica Mogherini. Si tratta di un errore che non inficia la validità del tentativo in atto.

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