DIS…CORSIVO. OGNI COSA A SUO POSTO

NOSTRADAMUS di Maurizio Terzetti / Girando per Perugia in questi giorni, ci si imbatte in alcune incongruenze alle quali hanno messo mano diversi soggetti pubblici e privati con la nobile intenzione di occupare la scena culturale dell’acropoli. Mi riferisco, in particolare, a quel punto dolente che sono le politiche espositive del capoluogo, tanto dolente che si era evitato di farne un cardine perfino del progetto di Perugia2019.
Oggi abbiamo una mostra d’arte contemporanea al Centro Espositivo della Provincia di Perugia, una mostra d’ambientazione cinquecentesca a Palazzo Baldeschi, due opere di Canaletto alla Galleria Nazionale. Qualcosa non torna. Metti di essere un visitatore interessato alla composizione dell’offerta culturale di una città importante e grande che non conosci, ci arrivi per la prima volta, ti sei fatto un’idea in internet, ti piacciono, sullo stesso livello, l’arte contemporanea, l’arte rinascimentale e un esotismo rispetto alla cultura locale, così, tanto per guarnire la torta.

Sali in centro dalla scala mobile e ti aspetteresti, sotto quelle cupole austere, di vedere rinascere le compagnie di ventura, i grandi capitani del Cinquecento e di scorgere in una sala illuminata dalla fiamma del camino la sagoma di Machiavelli. Non è così. L’ambiente della Rocca Paolina fa spazio, in un suo angolo appartato, a una mostra d’arte contemporanea, le Sonorità materiche di Alfonso Borghi. Degnissima disseminazione di segni, colori e trascendenze musicali, non c’è che dire, ma il contrasto con i mattoncini rossicci e marroni delle Sale del Centro Espositivo della Provincia di Perugia non fa pensare che qualcosa, un ambiente ancora ricco di suggestioni quattro-cinquecentesche, non sia qui al suo posto?

Come non è al suo posto la schiera di alabarde e cimieri che fanno da scorta al ritratto di Machiavelli a Palazzo Baldeschi. Troppo presente la decorazione ottocentesca, anche se il tentativo di allestimento è andato a buon fine, ripetendo certe soluzioni che avevamo visto in precedenti mostre dedicate a grandi collezioni otto-novecentesche. A Perugia sono ancora in molti a ricordare un uso molto proprio di Palazzo Baldeschi in funzione delle esigenze espositive della città di Perugia: la mostra, realizzata fra 2008 e 2009, “Da Corot a Picasso da Fattori a De Pisis”, nella quale sono confluiti due distinti “gusti collezionistici”, l’uno quello degli americani Duncan e Elisa Phillips, l’altro del nobile piacentino Giuseppe Ricci Oddi.

E che penseresti, sempre da visitatore alla scoperta della città, se dovessi andare a cercarti due Canaletto in mezzo al tripudio del nostro Medioevo e del nostro Rinascimento, che stanno invece a loro agio nelle Sale della Galleria Nazionale? Non li troveresti un po’ fuori luogo, non ti troveresti un po’ in imbarazzo per non avere intorno a te l’ambiente giusto per tanta delicata prospettiva?

La Galleria, poi, non ha finito con le sorprese. Anche qui, arte contemporanea, solo che qui, a differenza del Centro Espositivo della Provincia, non ci sono mattoncini rossicci a fare da sfondo alle opere, ma altre opere, classiche opere, in voluto contrasto: la mostra s’intitola “Artsiders”, vi partecipano trentotto “outsider” con realizzazioni di pittura, fotografia, video e scultura.

Ripartendo da Perugia, non ce l’avresti con nessuno in particolare, né nel bene né nel male. Come si fa, infatti, a non registrare una pluralità di offerte espositive sulle quali il minimo che si può fare è, davvero, scrivere e annotare pagine di commenti e di riflessioni? Ma come si fa, nello stesso momento, a non prendersela con una mancanza di regia palese, della quale non ha colpa nessun ente in particolare, ma della quale si sentono le conseguenze, in termini di spaesamento, sui nostri sogni? Credo che è un desiderio legittimo della nostra coscienza quello di trovare ogni cosa a suo posto: il “mestiere delle armi, allora, nella Rocca Paolina, l’Ottocento e il Novecento, anche d’importazione, a Palazzo Baldeschi al Corso, il Medioevo e il Rinascimento, anche d’importazione, alla Galleria Nazionale. E l’arte contemporanea? Bisogna ammetterlo: Perugia, l’acropoli, non hanno un luogo espositivo per tutto ciò che correntemente continua a prodursi, per i “fermenti in corso”. Ogni collocazione sembra un’intromissione, il vantaggio, che dovrebbe essere per l’arte di ieri e per quella di oggi, finisce per lasciare l’amaro in bocca ai cultori del passato e agli smaniosi del futuro. Un posto ad ogni costo non è una soluzione, una cosa ad ogni costo, come ad esempio creare altrove, nelle periferie, condizioni vere di abitabilità per l’arte contemporanea, invece forse potrebbe diventarlo.

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